Robert E. Howard – Steve Harrison detective del macabro – Recensione
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Fra le prime proposte di una nuova, ma agguerrita e ben organizzata, casa editrice, c’è un volume dedicato a Steve Harrison, uno tra i personaggi meno noti in Italia di Robert E. Howard, celebre autore di eroi come Conan il barbaro, Kull e Solomon Kane.

Il volume raccoglie 4 racconti, tutti inediti in Italia, di questo personaggio e di un suo doppio (pubblicato con il nome di Brock Rollins, per ragioni editoriali ben spiegate nel volume), che permettono di conoscere bene questa nuova (almeno in Italia) figura letteraria, che non potrà che piacere ai fan del bardo di Cross Plains e di cui consiglio la lettura.

I racconti del volume sono tutti rigorosamente pulp e con un taglio realistico, almeno nell’assenza dell’elemento fantastico e soprannaturale che caratterizza invece la maggior parte della produzione di Howard: sono detective stories, ricche di azione e mistero, che richiamano scenari alla Chandler o alla Dick Tracy, ma in cui l’atmosfera molto spesso scivola comunque in un alone macabro che richiama le grandi storie horror e soprannaturali di Howard… A tratti il lettore potrebbe quasi attendersi una divagazione magica nella storia, ma tutto tende sempre ad avere una solida base logica, nonostante il terrore e l’orrore che trasudano comunque dalle parole dell’autore, vero maestro in questi frangenti.

Harrison si trova spesso in situazioni in cui i nemici sono tinti di negromanzia, oppure sono popoli gialli, mongoli, tipici di una criminalità da China Town del secolo scorso, che richiamano i grandi nemici di storie pre-umane e preistoriche, come quelle di Conan: in primis il sulfureo personaggio di Erlik Khan, vero e proprio super-criminale e nemico quasi sovrannaturale, che si presenta come grande nemesi al protagonista, già presente in un altro racconto – il solo finora edito in Italia – che purtroppo è però assente in questo volume, sempre per ragioni editoriali ben chiarite nello stesso.

Del resto, lo stesso Harrison si presenta come un vero e proprio alter-ego di Conan il barbaro: la fisicità è la stessa, così come i tratti fisici, al punto che si potrebbe immaginare il Cimmero nei panni di questo nuovo personaggio, quasi una reincarnazione millenni dopo; un detective che risolve i suoi casi con l’astuzia e l’ingegno (che peraltro possedeva anche il Cimmero, nonostante spesso siano fattori sottovalutati dello stesso, che invece non a caso divenne un Re), ma soprattutto con una grandissima dose di tenacia e coraggio e una fisicità ai limiti con il guerriero nordico.

Risulta molto affascinante leggere storie con un sapore così pulp e in perfetto stile Howardiano, però calate in una società metropolitana e in una contemporaneità quasi straniante.

Splendidi anche i comprimari, tra tutti Khoda Khan, che pare quasi uscito dalla penna del nostro Emilio Salgari: un uomo afghano, ferino e felino, più simile a un predatore, che accanto a Harrison richiama alla mente proprio figure come Tremal-Naik e Kammamurri.

Ottimi anche gli apparati redazionali, con una bella postfazione biografica su Howard di Gianfranco Calvitti, ricca di foto d’epoca, e una introduzione di Giacomo Ortolani, sul personaggio e l’autore, che per lunghezza e soprattutto profondità di analisi e accuratezza, rappresenta un vero e proprio saggio all’interno dell’antologia e accanto alla parte narrativa.

Per dettagli: http://www.providencepress.it/it/libro-steve-harrison-detective-del-macabro/

harrison

Charles Stross – Equinoide – Recensione
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Quest’anno alla Italcon c’è stata la presentazione del libro Equinoide di Stross, premio Hugo 2014, sforzo congiunto di due editori tra i pilastri della narrativa fantastica italiana e cioè Elara e Delos Digital (a cui si deve l’edizione in ebook in particolare).

Stross è un autore britannico di fantascienza e horror, già edito in Italia (anche su Urania), con all’attivo la serie della “Lavanderia”, nome di un’agenzia segreta britannica che vigila su pericoli demoniaci o alieni e in particolare su orrori cosmici di matrice prettamente Lovecraftiana e in cui lavora il personaggio Bob Howard (forse omaggio al creatore di Conan il barbaro).

Equinoide è proprio una storia di questo ciclo, con il suddetto protagonista: un romanzo breve che però si può leggere serenamente anche senza aver letto altri episodi, proprio perché autonomo e slegato.

L’ambientazione è lovecraftiana: il solitario di Providence in persona è uno dei personaggi della storia, che scopriamo aver avuto un contatto – ancora giovanissimo – con un abominio antico.

La trama sviluppa una originalissima e anche affascinante interpretazione della reale natura di Shub-Niggurath, legando il suo mito alla figura degli unicorni, in una lettura molto meno fantastica e idilliaca di come normalmente queste creature sono descritte nel fantasy.

Il taglio della scrittura è molto moderno e pulp, a tratti comico o volgare, ma in definitiva è una storia con il suo fascino, anche se è necessario segnalare una componente erotica e pornografica molto forte, che sicuramente stride con lo stile di Lovecraft, ma su cui aumenta il tono ironico anche verso il celebre Maestro di Providence.

Del resto, Stross ha raccontato che l’idea per questa storia nasce da un incontro a una convention, dove un altro autore parlava con un editore dell’idea di sviluppare una antologia incentrata sul tema degli unicorni in chiave “Hentai” (un tipico genere pornografico giapponese caratterizzato anche da contaminazioni con parafilia): questa antologia non fu mai realizzata, ma Stross aveva un’idea pronta per una storia è quella idea è all’origine di questo breve romanzo…

Se l’accenno ha incuriosito voi come ha colpito me, provate a leggere questo testo, che però potrebbe deludere o meglio “scandalizzare” i lettori troppo puristi (e puritani).

Da evidenziare la splendida copertina, con illustrazione di Franco Brambilla.

https://www.amazon.it/Equinoide-Lavanderia-Robotica-Charles-Stross-ebook/dp/B071VWRJ6C

 

Recensione di “Makt Myrkranna”: la storia di Dracula a confronto con la versione Islandese.
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Avevo già parlato della versione Islandese di Dracula, Makt Myrkranna, letteralmente “I poteri delle tenebre”: un’edizione, scoperta da Hans Cornell De Roos (che ha tradotto, annotato e curato il testo inglese), che presenta molte differenze con il testo canonico del romanzo di Stoker e che, invece, presenta molti parallelismi con gli studi preparativi al romanzo stesso, come risultanti dai taccuini e appunti dello stesso Stoker.

Ho anche anticipato che recentemente un altro Studioso di Stoker ha evidenziato un precedente adattamento del romanzo in versione svedese, Mörkrets makter.

Nell’attesa di poter approfondire questa ulteriore versione, presto pubblicata tradotta in inglese, possiamo già procedere a una esegesi della versione islandese Makt myrkranna, evidenziando similitudini e differenze sia col testo originale, che con gli studi preparatori di Stoker.

ATTENZIONE: SEGUIRANNO NECESSARI SPOILER PER CHI NON AVESSE MAI LETTO NÉ IL DRACULA ORIGINALE, NÉ MAKT MYRKRANNA.

La prima rilevante differenza tra le due versioni consiste nei personaggi: in Makt Myrkranna (da ora in poi MM) sono presenti alcuni personaggi assenti in Dracula (da ora in poi D.), mentre alcuni di quelli principali portano nomi differenti: in particolare Jonathan Harker è Thomas Harker (Tómas in islandese); mentre Wilhelmina Murray, AKA Mina, è Wilma (che è una differente abbreviazione dello stesso nome, anche se in is. è Vilma); Lucy Westenra diventa Lucia Western (Lúsíu in is.) e, infine, Jack Seward diventa John. Totalmente assente è Renfield, mentre il datore di lavoro di Harker, Mr. Peter Hawkins, ha maggior spazio e un ruolo più attivo.

Il libro si apre, come sempre, con Harker in viaggio per raggiungere il Castello di D.

4 maggio: appare un pipistrello alla finestra di Harker. Potrebbe essere un’apparizione vampiresca, ma ancora nulla è dato sapere. Già però è evidente una differenza dal D. canonico, ove pipistrelli appaiono solo in una fase più avanzata, nelle scene di Whitby, Hillingham e Purfleet.

5 maggio: si presenta una scena di attacco di lupi alla carrozza di Harker molto più sviluppata che in D. Il vetturino della carrozza scende a segnare con una pila di pietre il punto in cui compare un fuoco fatuo, ove cioè potrebbe essere presente un tesoro sepolto in base alle leggende.

7 maggio: all’arrivo al Castello di D., Harker è assistito da una serva anziana e sordomuta. Sarà un personaggio ripetutamente presente, come unica inserviente, durante il soggiorno al Castello. Tale personaggio, assente in D. – ove il castello è privo sostanzialmente di personale – era elencato negli studi di Stoker preliminari al romanzo.

A pag. 87-88 abbiamo una lettera di P. Hawkins.

Pag. 91: entra un altro pipistrello, da una delle finestre che il Conte si raccomanda debbano restare sempre chiuse, specie dopo il tramonto. Immediatamente dopo abbiamo l’apparizione di una splendida dama: unica vampira che compare in questa versione, in sostituzione delle tre spose di D. notoriamente presenti nel romanzo. Personalmente ritengo che, data la costruzione della scena, la donna possa essere il pipistrello trasformato.

Questa dama è bionda, vestita di colori chiari, con al collo una collana di diamanti con un rubino al centro. D. successivamente dice che è una sua parente, pazza, che crede di essere la sua bisnonna e infatti si veste sempre come l’antenata appare in un ritratto, in cui la figura le assomiglia.

In MM viene spesso citata e descritta una galleria di ritratti al piano superiore del Castello. Vi sono figure fra loro simili, che sembrano rappresentare tratti familiari ai Dracula. In alcuni quadri compare, in epoche e fogge diverse, un personaggio che pare lo stesso D. e che potrebbe benissimo essere lui a cavallo dei secoli. Così, tutto lascia supporre che la vampira potrebbe essere proprio la stessa figura nel quadro: in questo caso, non si comprende se sia una vampira anche più antica dello stesso D.

Circa i loro rapporti di parentela, non è chiaro se la vampira sia una nipote di D., come indicato a pag. 108, o una cugina. A pag. 115 viene usato il termine frænka, che può voler dire cugina, zia o nipote: in questo caso parrebbe essere descritta come una cugina, come ribadito a pag. 117.

A pag. 117 si racconta in maniera estesa la storia della vampira. Sposata a un giovane nobile Austriaco, rimasta presto vedova, si risposò poco dopo il 1804 con un discendente della famiglia Dracula, come lei, conosciuto a Vienna. Tutto lascia presupporre che sia una moglie di D. stesso. Si sarebbe infatti trasferita a vivere col marito al Castello di D., ove poi avrebbe avuto un amante, scelto tra i bei ragazzi delle montagne. D., quasi mostrando un ripensamento, giudica il marito – che penso sia sempre lui – per come ha agito: avrebbe potuto non dare peso alla tresca, invece la gelosia e la rabbia lo accesero. Chiuse negli alloggi della moglie lei e l’amante: non per farli morire di sete o fame, cosa a cui provvedeva, nonostante avesse licenziato tutti i domestici, tranne una (la più valida e fidata, probabilmente la muta tuttora al castello). Conosceva il temperamento della donna e sapeva che si sarebbero “bruciati” da sé: infatti, dopo qualche mese, l’amante apparve a una finestra, chiedendo aiuto, dicendo che lei voleva ucciderlo. Di fatto il corpo fu trovato nell’abisso sotto il castello. Poi, dopo del tempo, la stessa dama, con indosso proprio quegli abiti rappresentati nel quadro della “antenata”, sarebbe morta.

In pratica, appare possibile che la natura vampiresca della dama abbia preso il sopravvento, fino a diventare la sposa di D., oggi intenzionata a conquistare Harker. Alimentando dicerie e paure attorno al castello, con miti che parlano di una sorta di dama bianca, fantasma, che altro non sarebbe che la vampira.

D., mentre parla, fa capire che è affascinato da Londra: città in cui la nebbia rende il giorno simile alla notte; in cui è possibile così, celati nell’ombra, indulgere in crimini che mai saranno svelati… Il richiamo è forse fatto ai reali omicidi avvenuti sul Tamigi, in cui torsi di donna erano ripescati, amputati, e di cui nell’introduzione al libro si parla. In questo contesto è simpatica anche una fugace citazione a Conan Doyle, fatta dallo stesso Conte.

10 maggio: pag. 133, la camminata da “uomo ragno” o lucertola di D. viene sostituita da una camminata felina.

Pag. 136: Harker scorge una ragazza morta tra i cespugli, vicino al castello. A pag. 151 assisterà alla ricerca della stessa da parte di alcuni villici, che poi pianteranno un trancio di ramo nel cuore della stessa.

Successivamente, errando alla scoperta del castello, Harker viene assalito da una figura lungo una buia scalinata: una forma massiccia, con braccia irsute, che cerca di morderlo al collo. Cade e perde i sensi. Quando si risveglia è solo e teme di aver sognato tutto.

Continuando a errare, arriva a una cripta, piena di lapidi e immagini primitive.

Alla fine risale fino alle stanze di D. dove trova monete di varie epoche: un tesoro da circa 14 milioni di euro al cambio attuale.

Tra pag. 159 e 167 (12-18 maggio) ecco che Harker si trova sempre più ossessionato dall’idea della vampira bionda, che lo evoca a sé e cerca di soggiogarlo.

21 maggio: verso pag. 181, Harker svela un passaggio segreto nella stanza ottagonale da cui viene normalmente raggiunto e servito dalla domestica muta. Segue un percorso che lo porta fino a una sorta di tempio sotterraneo, dove – dall’alto, da una balconata, nascosto dietro alla balaustra – assiste a una sorta di rito sacrilego. Una sala dall’ampia volta arcuata, con due larghi pilastri a sollevare il tetto, mura scavate nella roccia, con circa 150 persone all’interno. Si odono musiche di trombe e tamburi. Ci sono figure con facce animalesche, simili a quelle dei ritratti della galleria del castello: figure itteriche, con arti da scimmia. C’è un altare di pietra nera, con sopra un pilastro di marmo nero, al posto della croce. Dietro un murale, con una faccia disgustosa e orribile, perversa, su uno sfondo scuro con fiamme. Davanti alla scalinata ci sono sei bruti seduti, scimmieschi e nudi, con corpi pelosi. Harker pensa che proprio uno di loro lo abbia assalito nella scalinata, tempo prima.

Queste figure, ben presenti in MM, potrebbero essere delle sorte di vampiri meno regali, oppure quasi dei lupi mannari o berserkir: nelle prime idee di Stoker, sappiamo dai suoi appunti, l’idea di abbracciare anche i temi di licantropia e berserker era contemplata.

Il rituale è guidato da un anziano, con una cappa rossa, capelli bianchi e barba grigia, che altri non è che il Conte stesso: ragazze nude vengono trascinate sull’altare, dove, ipnotizzate da D., cessano di ribellarsi e sono aggredite, con salto ferino, dai servi irsuti, che le azzannano alla gola e succhiano loro il sangue. Sangue di cui, infine, lo stesso D. si cosparge. [Interessante come questa immagine ricordi scene del film Bram Stoker’s Dracula di Coppola!]

25 maggio: Si delinea lo scambio di lettere tra D. e varie eminenze europee, politiche, sociali e culturali. In MM il piano di D. è quello di sovvertire l’ordine mondiale, a capo di una sorta di congrega di adepti satanisti, inseriti tra i pilastri della società. In questo senso la trama, molto più del D. originale, pare rapportarsi a quanto immaginato da Kim Newmann nel suo “Anno Dracula”.

29 maggio: in MM si citano dei Tatari, quali servi di D., e zingari, anziché i soliti Szgany del romanzo canonico.

3 giugno: Harker si accorge che alcuni suoi effetti personali, compresi gli abiti da viaggio, sono spariti. Si accorge anche di un uomo, in tutto simile a lui, che va e viene dal castello, con indosso i suoi abiti. È in atto un piano per incolpare Harker di delitti e farlo sembrare ben attivo nei territori rumeni, mentre invece egli è prigioniero di D.

Seguendo gli spostamenti di questa figura, fino al 19 giugno circa, Harker individua una possibile via di fuga dal Castello, da una torre.

19 giugno: osservando i movimenti dei Tatari, Harker trova una cassa di ferro, piena di terra, in cui giace come morto D.: la scena di MM è diversa da D. canonico e in più brani, da qui a fine prima parte, in MM è ben descritto come Harker si accorga di un graduale ringiovanimento di D. Al 28 giugno, non fosse per capelli e baffi bianchi, D. dimostrerebbe appena 40 anni!

28 giugno: siamo verso la fine della prima parte del libro, la sola scritta in prima persona, in forma epistolare di diario. D. invita Harker a partire con lui il giorno seguente, ma lo invita anche ad accettare un anello in dono e indossarlo: Harker, drogato, si sveglia che ormai è passata l’ora in cui doveva partire. Capisce di essere rimasto solo, imprigionato, alla mercé della vampira a cui era promesso… Capisce che i poteri delle tenebre si sono alleati contro di lui: è uno dei due brani in cui sono espressamente indicate le parole che danno titolo a MM. Lega le lenzuola per farne una fune e fuggire… E così, in sospeso, si conclude la Prima Parte.

La seconda parte, come accennato, non ha più indicazione delle date – bensì è suddivisa in capitoli – ed è scritta in terza persona, dal classico narratore onnisciente. Inoltre i capitoli sono poco sviluppati, facendo sembrare l’intera seconda parte quasi un abbozzo di trama o un riassunto.

La scena si apre con Wilma e Lucia a Whitby, dove Lucia – sonnambula, perché il padre era “promiscuo” (sic!) – è corteggiata da Arthur Holmwood, John Seward e Quincey Morris.

Cap. 2: abbiamo l’arrivo del Demeter, il vascello deserto con il capitano legato morto al timone. In MM è assente l’apparizione di un grosso cane (D. trasformato) che si getta dalla nave a terra.

Cap. 4: viene trovato un anziano marinaio morto nel cimitero, cosa che turba le ragazze. Circa contemporaneamente, le stesse incontrano lo zio di Lucia, Zio Morton, con il Barone Székely: quest’ultimo non altri che D. Iniziano una conversazione e di notte Lucia comincia ad essere sonnambula, come se rispondesse al richiamo di qualcuno.

Il giorno dopo le ragazze incontrano ancora il Barone al cimitero, che gli racconta di usi e costumi dei Tatari arrivati in paese. In D. non abbiamo simili interazioni dirette con D. e le ragazze.

Cap. 5: Lucia e Wilma si recano proprio all’accampamento dei Tatari, che sono particolarmente ossequiosi proprio con Lucia (evidentemente già identificata come nuova promessa sposa del Padrone). In una sfera di cristallo, un’indovina mostra a Lucia il suo fidanzato Arthur che bacia una ragazza. Il giorno dopo Lucia riceve una lettera proprio di Arthur che la avvisa che sua sorella, Mary, è giunta a trovarlo la sera prima per poi ripartire per Costantinopoli. Ella si è appena sposata con un rumeno, assistente del Principe Koromezzo (Ambasciatore Austriaco a Londra). Tutti personaggi e circostanze assenti in D. Le nozze sono state fortemente osteggiate dalla famiglia Godalming, perché il principe avrebbe una pessima reputazione.

Cap. 6: Lucia, che continua a ricevere visite dal Barone/Conte, inizia a stare male. Seward contatta Van Helsing. Una cameriera viene trovata morta, nella villa dei Westenra, morsa alla gola e dissanguata. La finestra della camera di Lucia è rotta: dentro lei e la madre, sul letto, paiono morte. Invero solo sua madre è morta, di terrore. La polizia, assente in D., inizia indagini sull’omicidio, accusando i Tatari peraltro spariti il giorno dopo l’omicidio. Il giorno successivo purtroppo, nonostante trasfusioni e tentativi di cura, anche Lucia muore. Arthur viene trovato svenuto: dice che Lucia era viva e si sarebbe alzata sorridente, dalla bara, che così viene deposta aperta dentro la cripta, ove vi sia aria qualora non fosse davvero morta. Le vengono lasciate persino lenzuola e cibo.

Cap. 7: Abbiamo un personaggio che non compare né in D. che nelle notes. L’Agente Tellet, vecchio agente di polizia, che su incarico di Hawkins fa ricerche su Harker. Harker – accusato di omicidio – sarebbe stato visto vagabondare con giocolieri e frequentare Margret, figlia del locandiere di Zolyva, trovata morta vicino al castello di D. Il 15 luglio qualcuno corrispondente a Harker avrebbe prelevato molti soldi in una banca a Budapest. Wilma si reca proprio a Budapest, alla ricerca del fidanzato. In un villaggio vicino al Danubio, fra un gruppo di Tatari, vede un uomo indistinguibile da Harker e capisce dell’errore in cui tutti stanno cadendo: un altro assassino sta depistando le ricerche, facendo accusare Thomas. Tllet e Wilma partono per Bistritz, mentre il primo convoca in aiuto un vecchio collega, di nome Barrington, che li raggiunge insieme a Hawkins.

Giunti al Castello di D. Wilma crede di essere attaccata e si ferisce a una gamba: decidono di ricoverarla in un vicino convento.

A pag. 264 abbiamo una descrizione di Suor Agatha, descritta come una minuta e graziosa ragazza austriaca. La suora parla a Wilma del castello di D., abitato da una banda di banditi, il cui capo sarebbe in combutta con il Diavolo in persona. Parla anche di un malato, affetto da febbre cerebrale, che ha perso la memoria e ricoverato nel convento.

Cap. 10: Wilma comprende che il malato, che non vede, essendo bloccata a letto, è inglese e inizia un carteggio di messaggi scritti con lui. Quando sta meglio, finalmente si reca a incontrarlo di persona, scoprendo che è proprio Thomas Harker! Il giovane, in seguito, assistito dall’amata, recupera gradualmente la memoria. Poi i due si sposano, con Barrington come testimone.

Circa sette giorni che sono rientrati a casa, dopo aver nominati i giovani sposi suoi eredi universali, Hawkins muore d’infarto.

Mentre tornano a casa dal funerale, Wilma e Thomas passano accanto a una nobile carrozza, trainata da cavalli grigi, al cui interno scorgono una bella dama e il Barone Székely. Al vederlo, Thomas perde i sensi e la memoria breve dell’episodio. Wilma, sospettosa, trova e legge il diario di Thomas, ricostruendo gli eventi della prima parte del romanzo e iniziando a capire che il Barone e il Conte D. sono la stessa persona.

Ne parlano con Barrington, che cerca spiegazioni logiche, e con Van Helsing, che inizia invece a delineare il mito e la figura del vampiro, collegandolo anche a Lucia. A pag. 276 c’è un altro richiamo esplicito ai “Poteri delle tenebre” di cui al titolo MM.

Cap. 13: Barrington va a trovare Seward a Parfleet (non Purfleet come in D., con cambio di vocale): il manicomio, come noto ai lettori di D., è ubicato proprio di fronte a Carfax, la proprietà acquisita da D.

Viene notata una carrozza con cavalli grigi e uomini in uniforme: è quella che anche Harker e Wilma hanno scorto e appartiene a Madame Saint Amand, moglie dell’Ambasciatore francese, e altra figura originale di MM.

Da Carfax un domestico, la sera, porta un biglietto da visita al Dott. Seward, chiedendo l’intervento del medico da parte della padrona, la Contessa Ida Varkony, residente a Carfax. Il dottore si reca a visitare la paziente, restando sconvolto dall’apparizione: una donna bellissima, alta e magra, con capelli sottili e neri e occhi grandi e profondi. In tutto, compresa la collana caratteristica, il personaggio è identico alla vampira del castello di D., salvo avere capelli diversi (una tinta?).

La dama dice di soffrire di insonnia, convulsioni e aritmia e chiede a Seward di curarla con l’ipnosi: di fatto è lo stesso Seward a subire una sorta di incantamento e inizia a sentirsi stanco e privo di energia, come dopo le trasfusioni di Van Helsing. Per un attimo gli pare persino di vedere Lucia stesa in quel letto, al posto della dama: c’è una confusione tra i personaggi che francamente non è possibile risolvere. Scopriamo, inoltre, che la Contessa sarebbe sorella del già citato Principe Koromezzo, che vive sempre lì e che invita Seward a tornare la sera.

Cap. 14: a Carfax si svolge una festa serale. Vi partecipano Seward e Madame Saint Amand, oltre altre 40-50 persone, per lo più uomini di molti paesi: Seward pare il solo inglese.

Ecco che l’idea della cospirazione settaria di potenti in MM si rafforza.

Per ultimo arriva il padrone di casa, a cui tutti prestano onore: non è chiaro se sia D. (probabilmente lo è), ma potrebbe avere un altro alias, quale Marchese Caroman Rubiano (che non si capisce bene se è lo stesso personaggio o un altro).

Seward viene anche avvicinato da un uomo basso e tozzo, gobbo: un violinista italiano di nome Giuseppe Leonardi. La figura ricorda la sagoma scorta da Harker nella galleria di ritratti del castello.

Il Marchese si complimenta con Seward per l’ipnosi con cui ha “resuscitato” la Contessa e lo invita a partecipare a un esperimento: Seward cade in una sorta di trance, mentre le luci si spengono e sembra che un rituale prenda vita in un luogo trasfigurato (una caverna oscura come quella del Castello).

Quando si riprende, Seward viene riaccompagnato dal violinista al manicomio: l’uomo si offre di suonare per i pazienti, mentre al medico pare di sentire urla in giardino.

Nelle notes di Stoker è ipotizzata una cena conviviale, con D. quale ultimo a entrare e con un episodio di resurrezione non ben individuato né descritto.

Cap. 15: Van Helsing, Barrington, Tellet, Morris, Wilma e Thomas si alleano per fermare D.

Cap. 16 Il manicomio è nel caos: Seward non c’è e pare ci sia un estraneo a dirigerlo.

Morris si fa internare per infiltrarsi: il giorno dopo lui e Seward vengono finalmente ritrovati, deperiti e senza vestiti. Seward è impazzito. Morris è ferito alla testa. Mentre il gruppo si reca in ospedale, il manicomio è raso al suolo da un incendio di cui nessuno sa nulla.

Il gruppo si reca infine a Carfax, alla ricerca di D. L’interno ha mura dipinte come il tempio sotterraneo nel Castello di D. Purtroppo si è fatto tardi e D. giace in un sarcofago, con indosso la cappa rossa da cerimonia. Cala il tramonto e D. si sveglia, saltando addosso a Harker. Van Helsing però lo trafigge al cuore con un pugnale, uccidendolo. Il cadavere rapidamente degrada: appare come già morto da tempo e presto rimane soltanto polvere.

Cap. 17: epilogo. Circa nello stesso tempo, il Marchese Caroman Rubiano sparisce: rafforzando la mia tesi che sia un altro alias di D. Poi, Madame Saint Amand si suicida. Vari ambasciatori a Londra sono richiamati alle rispettive residenze. Seward sopravvive ancora poco, senza mai recuperare la ragione. Morris – che nel D. canonico muore, ucciso da D., durante la lotta finale sui Carpazi – si autoaccusa di aver ucciso il Conte: la polizia indaga, ma lo assolve. Non c’è nessuna traccia della Contessa o di chi altro viveva a Carfax, ove viene rinvenuto solo il tesoro milionario del Conte. I seguaci del Conte, con un finale “aperto”, che apre scenari di possibili seguiti, potrebbero restare celati da qualche parte…

In definitiva, questa è la sintesi di MM, con le maggiori differenze da D.

È evidente come la trama, specie nella seconda parte, si discosti in maniera massiccia dal romanzo originale, aprendo molti spunti a possibili sviluppi e intrecci della trama che, purtroppo, non sapremo mai (a meno che la versione Svedese non riveli nuove sorprese).

È ipotizzabile che, avendo Stoker ceduto i diritti di pubblicazione all’editore per Inghilterra e USA, lo stesso abbia poi trattato direttamente la cessione in Islanda, per lucrare maggiormente, forse cedendo una delle prime stesure del romanzo (all’epoca non era facile né rapido inviare copie, non certo via mail, e questo potrebbe aver favorito – ipotizzo – l’invio di un manoscritto di bozza già pronto).

In ogni caso ho trovato emozionante e stuzzicante la lettura di MM e suggerisco a tutti di affrontarla, anche perché è evidente come queste poche osservazioni non possano certo sostituire la completa (e complessa) lettura di un intero libro di 289 pagine, oltre appendici e note.

Fine 2016 e inizio 2017 col botto, per il sottoscritto!
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Il 2016 è stato un anno di cui non posso assolutamente lamentarmi dal punto di vista dello “scrittore”.

Ho vinto il premio, nella sezione “ROMANZO FANTASY”, della Prima Edizione del Premio Nazionale di Letteratura “Le figure della parola” con il mio romanzo “Il Dio del dolore”, che continua a regalarmi soddisfazioni dopo circa 2 anni dalla pubblicazione.

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Sono stato presente, con un contributo in forma di racconto o articolo, su ben tre antologie e due riviste inedite: Continuum Hopper, Antares n. 11, Gli universi di Ailus Heroic Fantasy Vol. 1, Studi Lovecraftiani n. 14 e Narragenda 2017

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Sono stato intervistato sul n. 76 della rivista Inchiostro e un estratto del mio saggio su H.P. Lovecraft è stato pubblicato in appendice al 2° volume del fumetto “Sherlock Holmes & il Necronomicon” Ed. Now Comics

A fine anno, con uscita nel 2017, che si apre già benissimo, ecco arrivare la prima traduzione e pubblicazione di un mio racconto fuori dall’Italia: in particolare, il mio racconto “La pietra” sarà presente, col titolo “La pierre”, sul n. 7 della prestigiosa rivista Gandahar, a cura di Jeanne-Pierre Fontana.

gandahar

E con gennaio 2017 ecco uscire una nuova antologia, sempre di Italian Sword & Sorcery e a cura di Alessandro Iascy e Francesco La Manno, per Watson Edizioni: il volume “Eroica“, primo della nuova collana TrueFantasy, che penso ne farà vedere delle belle nel 2017.

Eroica

Insomma, sarà difficile superarsi nel 2017, ma ci proverò… State sintonizzati, perché penso che almeno qualche altra cartuccia da sparare la avrò quest’anno!

Rogue One
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Rogue One, ovvero lo spin-off di Guerre Stellari, praticamente l’episodio 3.5.

Possibili SPOILER nel testo che segue.

La storia parla della ricerca dei progetti della Morte Nera da parte dei ribelli: non compaiono Jedi, né quasi alcuno dei protagonisti delle varie trilogie, salvo qualche cameo, tra cui Darth Vader e la principessa Leia.

Il film è piacevole, una sorta di rivisitazione dei sette samurai in chiave di quest fantascientifica a sfondo Star Wars.

La protagonista, nuova principessa Disney con 2 palle così, è ben realizzata, mentre gli altri personaggi sono per lo più rispondenti a cliché e poco sviluppati: una specie di maestro di arti marziali, orientale e cieco, che non è un jedi e che non fa altro che ripetere mantra de “la forza” e compiere cose incredibili, non si sa bene come, a volte più per caso o per fortuna che per scelta; un pilota dal cervello liquefatto che però si ripiglia e ne sa a tronchi di tutto; un robot riprogrammato che fa quello che fa qualsiasi robot nella saga, compreso parlare a vanvera; il bello e dannato di turno, riluttante sul suo ruolo; mercenari guerrafondai che sparano a rullo su tutto quanto si muove… Se volete far diventare questi personaggi fra i nuovi eroi stereotipi della vostra vita fate pure, ma sareste molto tristi e vi invito a cercare di meglio in tantissima altra produzione filmica e libraria…

Impressionante il modo in cui è stato ricreato e riportato in vita, al computer, l’attore Peter Cushing, che di fatto recita: siamo di fronte al futuro della cinematografia, con attori in CG che soppianteranno quelli reali? Basta vedere a quello che succede alla Principessa Leia che, siamo certi, rivedremo anche in episodio 8 (già terminato) e 9 (che sarà riscritto), nonostante la morte di Carrie Fisher, visto che non pare un problema per la Lucas rifare gli attori in CG.

Lodevole come la Disney non abbia voluto mettere a tutti i costi una love story in un film, anche laddove la possibilità e il rischio c’erano (e tengono in sospeso fino all’ultimo).

Il film termina proprio laddove inizia episodio 4: frequenti le citazioni del concetto di speranza nel film, che vanno a collegarsi al nuovo titolo del celebre Guerre Stellari, Una nuova speranza.

Il regista Gareth Edwards è lo stesso dell’ultimo film di Godzilla: quest’ultimo, più fedele all’originale mostro nipponico, rispetto all’omonimo film di Emmerich (che ha fatto un mix tra King Kong e Jurassic Park, comunque ben riuscito), è un film bruttino, in cui succede poco o nulla, tranne vedere il mostro distruggere mezzo mondo (che poi è la trama di qualsiasi film di Godzilla)… Soprattutto è un film lentissimo, in cui ci si rischia di addormentare e, in effetti, anche questo Rogue One è penalizzato a tratti da una lentezza agghiacciante e soporifera.

Il film, nonostante tutto, è piacevole, come lo sono quasi tutte le storie di Star Wars, compresi i cartoni animati, perché di fatto parliamo di un universo fra i più affascinanti e coerenti creati da autori fantastici a 360 gradi…

Eppure, ritengo che sia un film di cui si può tranquillamente fare a meno, molto lontano dai toni epici della saga classica: sempre più Star Wars diventa un fenomeno di mercato, per fare cassa, piuttosto che sinonimo di qualità.

Vedremo i prossimi episodi e spin-off, preparandoci al peggio, come già ha saputo anticiparci Episodio VII che, francamente, ho trovato abbastanza deludente.

Voto, su scala 1/10: 6,5.

[Avrei potuto dare anche un 7 per essere coerente col voto dato a Episodio 7, che non è affatto meglio di questo film… Ma sinceramente non voglio essere troppo buono, per non vincolarmi troppo per il futuro.]

Star Wars – Episodio VII – Recensioni
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Recupero la mia vecchia recensione di Star Wars – Episodio VII che è andata persa dopo la ristrutturazione del sito.

Star wars. Voto 7 come il numero di episodio. Niente spoiler per non rovinare il film a nessuno. Avremo tempo per i chi ha fatto cosa. Il 7o capitolo è più un remake (reboot?) del 4o (per me primo) episodio che qualcosa di nuovo. Piacevole, ma siamo lontani dai livelli epici cui Lucas ci ha abituato (episodio 3!). Troppi cliché e cose già viste (tranne una davvero bella quasi subito). Credo (spero) che questo film fosse solo un assaggio, un ponte che apra la strada a nuovi personaggi e storie per il futuro. Se no, vuol dire che la Disney ci prende tutti per il culo; oppure che ha finito le idee (e allora saremmo davvero rovinati). Buona visione a tutti e che la forza sia con voi!

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