La terra degli Anunnaki
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Disponibile da “Italian Sword and Sorcery” il volume “La terra degli Anunnaki” che contiene anche il mio racconto inedito “Il dono di Uttu”.

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Segnalazione editoriale: Byzantium di A. Gualchierotti e L. Camerini
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Dettagli

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Arthur Machen – Il cerchio verde – Recensione
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Per i tipi di Providence Press è recentemente uscito l’ultimo romanzo inedito di Machen, uno dei padri del weird e del fantastico contemporaneo, amato da Lovecraft (che si è molto ispirato all’Autore Gallese), ma anche molto legato al tema del Piccolo Popolo: ho recentemente avuto il piacere di recensire altre opere di Machen (praticamente tutte le più note e importanti), rintracciabili al tag dell’Autore su questo sito.

Trama de Il cerchio verde, dal sito dell’editore: Lawrence Hillyer, uno studioso e ricercatore di cose “nascoste”, viene costretto a trascorrere un periodo di riposo a Porth, una località di villeggiatura sulla costa del Galles. Hillyer, persona solitaria e senza amici, troverà “qualcosa” in mezzo a una radura tra le dune (il cosiddetto Cerchio Verde), una presenza che lo seguirà al suo ritorno a Londra… Il Cerchio Verde, pur nella sua brevità come romanzo, è una lettura complessa. Perché Arthur Machen approfitta delle vicende del protagonista, e delle sue ricerche per comprendere il fenomeno che si sta manifestando, per compiere una serie di riflessioni sui propri interessi di appassionato di tematiche occulte; sull’intervento di un mondo etereo che si introduce nella nostra realtà; su un regno dove vive – chissà? – la Regina delle Fate che interferisce con le vicende umane; su qualcosa che è “oltre la soglia” ed entra nel nostro mondo… e non porterà nulla di buono. Questo libro non è per un lettore casuale. Chi apprezza Arthur Machen, troverà in questo volume le ultime riflessioni sul suo interesse al mondo del Piccolo Popolo, tematica che ha sempre permeato l’opera dello scrittore gallese. Che lo porterà a scoprire quello che sarà (tra manifestazioni inquietanti, poltergeist, omicidi misteriosi, possessioni) il destino di Lawrence Hillyer.

L’AUTORE

Il gallese Arthur Llewelyn Jones (1863-1947; Machen era il cognome della madre) è uno dei più grandi maestri della Letteratura fantastica mondiale. Sale alla ribalta alla fine del XIX secolo con i due capolavori Il Grande Dio Pan e I Tre Impostori, e successivamente con Il Terrore. L’influenza della sua opera, dominata dal sovrannaturale e dall’occulto, è stata grande, sia su H.P. Lovecraft che su Stephen King.

COMMENTO:

Il romanzo segue le vicende di Hyllier, in un parallelo con articoli di giornale e lettere di studiosi realmente esistiti, che creano un “cerchio”, come quello che dà nome alla verde radura del titolo, in cui il fantastico e il reale si intrecciano e susseguono senza soluzione di continuità. Accanto ad atmosfere tipiche di Machen, più vicine ad opere “leggere” come Un frammento di vita, rispetto ad opere più cupe come Il grande dio Pan, il lettore si trova ad assistere a una serie di inspiegabili circostanze ed eventi che sembrano celare l’intervento di forze esterne e che Machen pare riportare al tema del Piccolo Popolo e alla presenza di folletti, fate e altre entità accanto al nostro mondo.

Il tema è costante in Machen, così come la percezione di una realtà trascendente concessa a pochi, sognatori e alchimisti in senso metafisico (più che chimico), al punto che pochi sono capaci di cogliere la magia oltre la prosa della vita quotidiana.

Al contempo, ad ancora meno spettatori (forse sfortunati) è poi concesso di interagire con quelle forze che, nella visione dell’Autore, hanno sempre un lato ambiguo e spaventoso, malevolo e terrificante.

Il volume è un interessante resoconto anche di quello che potrebbe essere un primo e dettagliatissimo caso di poltergeist, di cui Machen – frequentatore di ambienti esoterici come la Golden Dawn – dimostra di conoscere i dettagli “scientifici” con precisione: cosa interessantissima, considerando che ciò rivela come già nelle prime decadi del 1900 gli elementi costantemente presenti in episodi di presunti Poltergeist risultino coerenti rispetto a quelli messi in luce ed elencati anche dalla più recente dottrina di parapsicologia [cfr. gli articoli di CSPBO, ad es. l’articolo di Aiazzi sul Poltergeist, oppure “Un possibile caso di poltergeist in Lombardia” di Bruno Severi, Giorgio Cozzi, Stefano Severi e Giuseppe Perfetto, resoconto dell’indagine eseguita di recente in collaborazione tra esponenti del Centro Studi Parapsicologici (Bologna) e dell’Associazione Italiana Scientifica di Metapsichica (Milano) sul n. 2/2011 dei Quaderni di Parapsicologia, del Centro Studi Parapsicologici di Bologna.]

Casistiche in cui Machen, in realtà, con stupore del lettore, dimostra di non credere realmente, pur ricollegando tutto il tema al regno delle Fate, come meglio chiarito nel saggio – contenuto sempre nel volume Providence Press – «In Occlusum Regina Palatium»: il cerchio indicibile di Arthur Machen di Giacomo Ortolani; una postfazione che, per complessità, ricchezza di approfondimento e spessore delle riflessioni, rappresenta un vero e proprio saggio degno della migliore ricerca specialistica in materia.

Il romanzo, in definitiva, con una struttura più solida e convincente di altre opere, offre una piacevole lettura di distrazione che – senza picchi di orrore cosmico – porta comunque sul ciglio del regno delle fate e a indigare sui grandi misteri del paranormale: una lettura necessaria e dovuta per i fan dell’Autore, che troveranno il testamento letterario di Machen in questa ultima opera scritta prima di morire, ma al contempo un interessante spunto di riflessione per chiunque ami la materia del paranormale, a prescindere dall’apprezzamento per la narrativa di genere.

Il volume è di prossima pubblicazione anche in una tiratura LIMITATA E NUMERATA DI 59 COPIE (256 pagine al Prezzo di copertina: 39,00 euro) che conterrà, oltre al romanzo e al saggio di Ortolani citato, alcuni contenuti EXTRA esclusivi dell’edizione Deluxe, cioé i tre racconti inediti di Arthur Machen:
7B Coney Court
dove strane lettere vengono spedite da una casa in cui, teoricamente, non abita nessuno
La luce che non potrà mai essere spenta
dove strani accadimenti colpiscono la città natale di Shakespeare
La strada per Dover
dove una misteriosa sparizione si verifica durante una veglia in una casa infestata.

Per info sulla versione Deluxe (QUI maggiori informazioni)

Caratteristiche del volume in edizione regular: brossurato 14,8×21; 192 pagine; euro 17,90.

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Disponibile “Mediterranea”, antologia contenente un mio racconto Sword&Sorcery
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E’ disponibile Mediterranea, antologia digitale che contiene dieci racconti di sword and sorcery ambientati nei territori bagnati dal Mare Nostrum in cui potrete trovare i più importanti autori della fantasia eroica italiana come: Donato Altomare, Alessandro Forlani, Enzo Conti, Adriano Monti Buzzetti, Alberto Henriet, Mauro Longo, Andrea Gualchierotti e Lorenzo Camerini, Andrea Berneschi, Francesco Brandoli e Riccardo Brunelli.

Sono presenti anche due apparati critici di saggisti del calibro di: Enrico Santodirocco (autore di Conan La leggenda) e Marco Maculotti (fondatore di AXIS mundi).

L’introduzione e la curatela è affidata a Francesco La Manno, mentre la copertina è stata realizzata da Andrea Piparo.

Per informazioni e l’acquisto (download al modico prezzo di € 5,30): https://hyperborea.live/prodotto/mediterranea/


INDICE

Introduzione:

FANTASIA EROICA MEDITERRANEA di Francesco La Manno

Racconti:

IL PONTE DELLA MORTE di Donato Altomare

IL FIGLIO DI ASTERIONE di Andrea Berneschi

UNA BALLATA DI FUOCO E DI MARE di Francesco Brandoli

SHARDANA di Riccardo Brunelli

IL BANCHETTO di Lorenzo Camerini e Andrea Gualchierotti

PIU’ TENACE DELLA MORTE di Enzo Conti

IL CULTO DEGLI ABISSI di Alessandro Forlani

LA SPADA DI AESKYLOS di Alberto Henriet

L’ARTIGLIO DELLA FENICE NERA di Mauro Longo

GLI OCCHI DI ANGIZIA di Adriano Monti Buzzetti Colella

Saggi:

IL SERVIZIO DIVINO DEI GRECI di Marco Maculotti

LA FANTASIA EROICA MEDITERRANEA NEI FUMETTI di Enrico Santodirocco

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Clive Barker – Vangeli di Sangue – Recensione
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Mentre è stata annunciata la prima edizione italiana della novella ‘Hellraiser: The Toll’ (2018), in italiano “Il tributo”, sequel canonico, ideato da Clive Barker e scritto da Mark Alan Miller, di ‘Schiavi dell’Inferno’ (The Hellbound Heart, 1986) e prequel di ‘Vangeli di Sangue’ (The Scarlet Gospels, 2015), ecco che mi pareva opportuno soffermarmi su una mia personale riflessione in merito proprio a quest’ultimo romanzo, pubblicato in italia sempre da Indipendet legions.

Vangeli di sangue rappresenta l’ultimo (almeno per ora) capitolo della saga di Hellraiser, nota anche per i film omonimi, fortemente incentrata sul personaggio di Pinhead, demone con la testa piena di chiodi, sacerdote del dolore e del piacere, nell’Ordine dei Cenobiti.

Il romanzo, oltre alla presenza di Pinhead, presenta anche un altro personaggio celebre di Barker, il detective dell’occulto Harry D’Amour, apparso in alcune altre opere barkeriane come il 6° vol. dei Libri di sangue e il romanzo Everville.

Il romanzo si apre con una scena a fortissimo impatto splatter, che rappresenta il più compiuto legame dell’opera con l’universo cenobitico e anche con la saga cinematografica.

Poi, la prima parte della storia si incentra proprio sul personaggio del detective D’Amour, ed è sicuramente la parte migliore del romanzo, toccando alcune delle migliori vette in materia di horror moderno e di occultismo. D’Amour è molto amico di una medium cieca, di nome Norma, che fondamentalmente utilizza i propri poteri per aiutare i fantasmi di persone recentemente morte che, nella fretta del trapasso, hanno lasciato alcune questioni in sospeso: coinvolto nel caso di in uno di questi peculiari clienti, D’Amour entra in contatto con la scatola di Lemarchand e con i Cenobiti.

D’Amour è ricoperto di importanti tatuaggi dalle forti valenze occulte e medianiche ed è versato nella conoscenza di incantesimi e cose spiritiche: sono questi gli elementi che sviluppano un personaggio incredibilmente solido e che rendono così intrigante e pregevole questa parte del romanzo. La sospensione dell’incredulità nel lettore opera sapientemente, proprio perché l’intero sistema di leggi che regolano il mondo spiritico, in contatto con il nostro, è strutturato con una coerenza e una abilità di rara qualità.

Entrando in contatto con Pinhead, però, la trama prenderà una piega e un taglio molto diversi: ne deriverà la spedizione di un manipolo di eroi, capitanati proprio da D’Amour, in una discesa nelle viscere dell’Inferno (dalle forti assonanze con il viaggio Dantesco), attraverso la città dei dannati e il monastero dei cenobiti, incontrando tribù di demoni e creature abissali, fino alla cattedrale di Lucifero, dove l’Angelo Caduto attende ancora… Fino allo scontro finale tra le due creature archetipali: il demone cenobita Pinhead e proprio Lucifero.

Questa parte del romanzo, che sfocia in duelli molto violenti, ha una struttura che ricorda più il fantasy che lo horror e, appunto, rappresenta una sferzata sensibile rispetto alla prima parte del romanzo, francamente forse deludendo un po’: la trama riceve sviluppi molto d’azione, anche banali se vogliamo, allontanandosi da quel complesso di teorie occulte che invece inizialmente ammaliava tanto e prometteva troppo… Nonostante il finale del libro sia affatto scontato o banale, anzi… Ma non rivelo troppo!

Lo stile di Barker è come sempre egregio e i dialoghi sono sempre ben strutturati e funzionali alla narrazione.

L’edizione è ben curata nonostante il carattere sia lievemente piccolo e la tipologia di stampa non sia eccelsa (la copertina è molto sottile) e potrebbe invogliare ad acquistare l’edizione di lusso, in edizione numerata e limitata, caratterizzata da carta di qualità, rilegatura e immagini esclusive.

vangeli sangue

Abraham Merrit – Il vascello di Ishtar – Recensione
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Finalmente ripubblicato, dopo molti anni di assenza dagli scaffali delle librerie italiane, il romanzo “Il vascello di Ishtar”, di Abraham Merrit, per l’editore Il Palindromo, nella meritevole collana I tre sedili deserti: note e traduzione di Giuseppe Aguanno, introduzione di Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco, con un saggio di Andrea Scarabelli e illustrazioni di Virgil Finlay.
Specifiche: gennaio 2018, pagg. 472, 15x19cm, bross. b/n, prezzo 26€ – ISBN: 978-88-98447-32-9

La trama, dal sito dell’editore: «John Kenton, appena tornato a New York dall’esperienza devastante della Prima guerra mondiale, riceve uno strano oggetto rinvenuto durante una campagna di scavi in Medio Oriente: un blocco di pietra al cui interno è custodito un piccolo vascello di gemme intagliate. Kenton non lo sa ancora, ma il manufatto è uno stargate, la soglia per un’altra dimensione, un mondo dove il suo coraggio dovrà scontrarsi con l’acciaio delle spade e la potenza di ancestrali divinità in lotta, e in cui ritroverà la voglia di vivere sperimentando la passione di un amore fuori dal tempo. Questo volume contiene la prima versione de Il vascello di Ishtar, pubblicata originariamente nel 1924 e inedita in Italia. Il romanzo è accompagnato dalle illustrazioni originali dell’epoca e da un ricco corredo di apparati critici. Abraham Merritt (1884-1943), maestro del fantastico e noto giornalista, è tra i pionieri e più apprezzati autori di letteratura fantasy. Stimato da H.P. Lovecraft e Clark Ashton Smith, tra le sue opere si ricordano: Il pozzo della luna (1919) e Gli abitatori del miraggio (1932).»

La storia fu originariamente serializzata sulla rivista americana Argosy All-stories, tra il novembre e il dicembre del 1924, in 6 episodi ed ebbe un grandissimo successo, al punto da essere votata come una delle storie più apprezzate dal pubblico ed essere eletta dai lettori nel 1938 come migliore storia della rivista, scalzando il ciclo di Tarzan di Burroughs (come peraltro ben chiarito nell’ottima nota biografica su Merrit in appendice al presente volume e opera della brava Maria Ceraso). Merrit fu un autore molto noto e apprezzato della sua epoca (addirittura una rivista fu battezzata in suo onore: A.Merrit’s fantasy magazine) e seppe ispirare molti grandi Autori (persino il ciclo di Cthulhu di Lovecraft potrebbe avere ricevuto suggestioni da The Moon Pool del 1918 di Merritt).

Ho voluto così introdurre l’Autore, perché ritengo che questo volume sia un tassello fondamentale di un percorso di narrativa fantastica in cui il carisma del suo creatore sicuramente ha influito positivamente. Sarebbe difficile e forse superiore alle mie competenze risalire alla prima opera fantastica in cui via sia un passaggio  tra i mondi, elemento già presente in Virgilio o Dante se circoscritto ai regni ctoni infernali, ma tema sicuramente di grande moda all’inizio del 1900: Il vascello di Ishtar mi ha ricordato alcune atmosfere de “La terra dell’eterna notte” di Hodgson e, per tornare a Burroughs, ha alcune assonanze con il ciclo di Carter di Marte o, persino, per impostazione della trama e intreccio dei personaggi e delle scene, con i fumetti di Flash Gordon.

Kenton, protagonista di questo romanzo, tramite il simulacro del vascello riesce di fatto a trasferirsi in un’altra epoca, quasi un altro mondo, dove persino lo scorrere del tempo è differente: qui recupera un ruolo eroico che nel nostro mondo non aveva. Inizialmente la scena è collocata sul vascello, diviso e separato tra il Prete Nero, Klaneth, tramite e celebrante del Dio della Morte Nergal, rappresentante delle tenebre, e le adoratrici di Ishatar (dea dell’Amore), tra cui la splendida sacerdotessa e tramite Sharane, di cui il protagonista si innamorerà. Kenton, passerà da schiavo a capo di una rivolta che prenderà il controllo della nave, con il passaggio di alcuni personaggi (Jiji e Zubran), inizialmente nemici, tra le file dei buoni, oltre all’amicizia con un altro schiavo (il vichingo Sigurd), tutti grandi comprimari della storia.

La religione e la mitologia sono elementi vivi e vivificanti del romanzo, che spazia dai miti mesopotamici a quelli nordici, creando un interessante intreccio, in cui il ruolo degli dei si affianca a quello dei personaggi, un po’ come nell’epica Omerica o, venendo ad Autori più recenti, nei cicli di Elric e Corum di Moorcock.

Dovremo aspettare gli anni ’70 per recuperare mondi divisi tra più piani (e divinità), come appunto in Moorcock o Zelazny fino al più recente Stephen King della torre nera, ma trovo che raramente – nemmeno tra alcune pagine di quest’ultimo ciclo del maestro dello horror contemporaneo, a tratti veramente immaginifiche – troveremo una più efficace e compiuta descrizione dei mondi paralleli come quella presente in questo romanzo e che vale la pena citare: «Di fronte aveva una vasta nebbia: vapori globulari argen­tei discendevano su di lui; il ventre curvo di un altro mondo. Quel mondo si stava scontrando col suo? No! Vi si stava sovrapponendo! La consapevolezza giunse subitanea e fugace: in quella minima frazione di tempo gli si manifestò come un’illuminan­te intuizione, sola chiave verso l’inesplicabile. Grazie ai lumi di questa rivelazione, Kenton vide la pro­pria Terra non per quello che sembra, ma per ciò che è: una vibrazione eterica negli intervalli tra le pulsazioni elettroniche di mondi su mondi che si intersecano, mondi originati dalla forza primigenia di cui queste vibrazioni sono espressione, nelle forme a noi note e in quelle che ignoriamo. Si figurò questi mondi e il proprio come un ammasso di elettroni: in verità ognuno di essi era piuttosto lontano dai propri simili, così come i pianeti, ben distanti l’uno dall’altro e dal sole. Attraverso gli abissi dello spazio, tra queste particelle, vide miriadi di congerie affini suddivise in globi nascosti e invisibili: ciascuno orbitava roteando senza inter­ferire con gli altri, eppure questi si incontravano, si compe­netravano, intrecciandosi. Mondi che si incrociavano secondo frequenze differenti, più alte o più basse, nella totale inconsapevolezza di queste tangenze. Mondi che si muovevano attorno e attraverso di noi, che si trovavano a coincidere in modo casuale, come segnali radio intercettati da un apparecchio non sintonizzato. Mondi sovrapposti come flussi di informazioni che, senza interferire l’uno con l’altro, scorrevano insieme sullo stesso cavo, grazie alla diversità delle vibrazioni. Il vascello di Ishtar navigava su uno di questi mondi paralleli. Il gioiello di gemme non era l’imbarcazione stessa, bensì una chiave capace di aprire un passaggio dalla dimensione d­i Kenton verso quella del vascello: un dispositivo che adattava le vibrazioni materiche del suo corpo a quelle del mondo della nave

Dopo la parte di trama sul vascello, e prima della conclusione – affatto scontata – della storia nella medesima sede, ecco che un’altra parte del romanzo si sposta sull’Isola di Emakhtila, dove accanto a nuovi personaggi, abbiamo alcune delle parti più evocative dell’opera, con toni aulici tali da ricordare quasi antichi poemi o testi sacri: come accennavo, il ruolo della mitologia è fondamentale in quest’opera, senza diventare pesante. Se ne ricava la profonda, davvero magistrale conoscenza di Merrit per la materia, che l’Autore tratta con completezza, rendendo appunto mito e divinità essenziali alla storia e alla trama stessa, in un modo che forse segna davvero il passaggio epocale del fantasy, per cui mi spingo a definire questo volume un tassello fondamentale del genere. Dopo Merrit, ci vorrà molto tempo prima che gli dei tornino a essere talmente rilevanti nell’immaginario, o perché partoriti direttamente da un mitopoieta dello spessore di Tolkien, oppure perché giovani autori, a partire da Zelazny appunto fino a un Gaiman odierno, sappiano recuperare il fascino che un intreccio tra vera mitologia antica e fantastico contemporaneo possano portare: ciò che oggi ha dato vita al genere urban fantasy, in nucleo già anticipato anche dal capolavoro Malpertuis di Jean Ray.

La storia è ben realizzata, alternando scene più poetiche e visionarie a numerosi duelli e battaglie, persino navali, caratterizzate da grande ingenio e descrizioni a tratti quasi macabre e gore.

Non posso che consigliarne la lettura agli amanti del fantasy e dell’epica, con il lieve avvertimento di prepararsi a un testo dallo stile ovviamente di inizio ‘900, che però non dovrebbe appunto stonare ai veri lettori del genere, che appunto avranno sicuramente dimestichezza con i capisaldi, tutti circa di questo periodo.

Una nota finale sull’edizione: di grande qualità, raccoglie le splendide illustrazioni di Finlay (vero maestro dei pulp anni ’30), e fornisce anche i vari apparati critici già menzionati. Ottimo il glossario dei termini mitologici, utile a una migliore comprensione del testo, e liminale l’introduzione di spessore di due Maestri come De Turris e Fusco. Ma soprattutto voglio plaudere all’ennesimo contributo di Andrea Scarabelli che, nonostante la giovane età, oggi si presenta sul panorama letterario italiano come forse il solo e più sapiente dei saggisti ESOTERICI, nel senso più aulico e accademico del termine. Nel suo mysterium coniunctionis riesce a recuperare il valore magico delle parole, per passare a trattare di narrativa fantastica fino a spingersi a spiegare (con citazioni di Autori di ambito filosofico e antropologico, assai più sapienziale del “banale” genere fantastico) temi come l’eterotopia, la ierogamia e la teogamia, facendoci riflettere sul vero significato del fantasy che, non a caso, viene chiamato in altri Paesi come Speculative fiction. Perché cos’è il fantastico se non il modo moderno di rappresentare miti Platonici, idee e archetipi, antichi come il tempo e l’inconscio umano?

Sabrina Lardini – Sleeping Sun – Il canto di Mana: libro 1 – Recensione
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Dalla quarta di copertina:

Noriko non è una qualunque sedicenne americana: è una ribelle dall’animo sensibile, in cerca di emozioni che soltanto la natura, custode di antichi misteri, è in grado di donarle. È nella campagna della Napa Valley, in California, che il suo spirito romantico si sveglia, e sono i vigneti dell’azienda agricola di famiglia che custodiscono i suoi ricordi più preziosi legati al padre, scomparso prematuramente. Un pomeriggio la giovane, colta da un improvviso acquazzone, si rifugia in una casa abbandonata dove incontra la misteriosa Mana, sfuggente e ritrosa come un gatto selvatico. Il destino fa sì che le due siano compagne nel nuovo anno scolastico al liceo di Saint Helena, ma ciò non impedisce che tra le due si instauri una feroce rivalità: Noriko, esuberante, spavalda e istintiva, si scontra con la determinazione e la freddezza della seconda, ma presto scoprirà quanto la presenza di Mana sia provvidenziale alla sua vita problematica, tra professori violenti, liti in famiglia e amori non corrisposti.
Vivendo i piccoli e i grandi drammi della gioventù, Noriko varcherà la soglia di un mondo che si cela nell’ombra e verrà a conoscenza di una guerra segreta nella quale lei e Mana hanno un ruolo fondamentale.
Sleeping sun è il grido di un sole ardente di pace e giustizia, la promessa di un nuovo ordine in un mondo dispotico, un sentimento ruggente di amore e libertà.

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Sleeping Sun è il primo libro (edito da EKT Edikit) per il ciclo de “Il canto di Mana”, di una giovane autrice esordiente lombarda, Sabrina Lardini (classe 1991).

Si tratta di un fantasy atipico, che potremmo inserire nel filone oggi molto in voga c.d. Urban fantasy e Young adult: storie in cui i protagonisti sono giovani che affrontano i problemi della quotidianità e dell’adolescenza, ma in un contesto in cui il nostro mondo contemporaneo si impregna di elementi magici e fantastici che descrivono un’altra realtà possibile, fatta di mito e magia, appena accanto alla nostra, nascosta solo da un labile velo.

Il libro, infatti, per una dose importante, potrebbe essere un classico romanzo di formazione, leggibile come tale anche da chi non ami il genere fantastico: incontriamo Noriko e assieme a lei scopriamo i drammi della sua infanzia, il difficile rapporto con la madre e il nonno, l’affetto per il fratellino, ma anche le difficoltà di una vita scolastica costellata di bullismo e rare amicizie, di amori non ricambiati, di professori e figure adulte talvolta al margine con la violenza o l’illegalità.

Partecipiamo al difficile triangolo amoroso che coinvolge Noriko e i suoi migliori amici, Grey e Nina, ma viviamo anche un altro complesso rapporto d’affetto verso Shiroi, esempio del classico ragazzo più grande, affermato, che tanto affascina figure più giovanili e ancora legate al mondo scolastico.

Soprattutto, scopriamo il misterioso ruolo di Mana, nuova studentessa appena arrivata a scuola, all’inizio acerrima rivale di Noriko, che poi diventa sempre più essenziale nella vita della ragazza, stravolgendola e portandola gradualmente alla comprensione di un mondo più vasto.

Un mondo in cui c’è posto anche per un’antica Dea, Hakidonmuya, l’origine di tutta la magia, le cui discendenti camminano ancora sulla terra: veniamo a conoscenza dell’antico popolo delle fate, di un complotto che ha sancito la fine del loro regno, fino a un’ intestina lotta secolare che vede sterminare tra loro famiglie appartenenti alla stessa società magica.

Accanto a sciamani capaci di tramutarsi in animali, e ai Pendolum, capaci di alterare il tempo, o agli Ubiquum, capaci di alterare lo spazio, ed ancora altre tipologie di famiglie dotate di diversi poteri magici, ci sono però i Cacciatori: esseri magici che ripudiano la loro natura e vogliono anzi annientare le fate per poi imporre il loro dominio sul mondo degli umani.

All’oscuro di tutto, infine, ci sono gli Ibridi: esseri a metà tra le fate e gli umani, confusi tra i mortali e ignari della loro vera natura e del loro ruolo nel conflitto. Dei “sonnambuli”, pronti a svegliarsi come il “sole” del titolo.

Chi tra i personaggi della storia si rivelerà un Ibrido? Chi una fata o un mago? Qual è il ruolo di Kachina, la discendente diretta di Hakidonmuya, in questa storia e con quale Ibrido inconsapevole cerca di entrare in contatto, alla ricerca di un Barrier, il più raro tra gli esseri fatati, capace di annullare il potere dei Cacciatori e rendersi introvabile?

Molte di queste domande restano aperte, in un volume che volutamente invita a quello che sarà il proseguimento della storia, iniziando con il farci conoscere bene i personaggi e le loro storie e personalità, in una vicenda che spazia tra varie situazioni, miscelando sfumature prettamente americane con altre dal sapore orientale e persino con saltuari riferimenti ai manga (questo libro avrebbe tutti gli elementi per essere tramutato in un ottimo Shojo delle Clamp).

Resta da fare un commento tecnico: è evidente che questo tipo di storia e trama (e ambientazione) può piacere o non piacere e forse offre spunti più per lettrici, data anche la sensibilità dell’Autrice. Eppure, bisogna complimentarsi con la Lardini per lo stile: è raro trovare un Autore esordiente che scriva così bene – soprattutto considerando la lunghezza del testo di oltre 400 pagine! – in una trama in cui sono rari i cali di tensione e francamente scusabili anche i pochi passi che possano mostrare uno stile ancora in formazione (qualche dialogo magari più ingenuo o qualche termine meno scorrevole o desueto).

In definitiva si tratta di un buon libro, che mostra l’esistenza anche in Italia di Autrici del fantastico che nulla hanno da invidiare alle anglofone Meyer o Rice, tanto per citarne due…

Un libro di cui consiglio la lettura, soprattutto al pubblico femminile che ama le love-story intrise di mistero e magia e personaggi oltre l’umano, ma su di un palcoscenico molto abitudinario, come potrebbe essere una nostra città o anzi un piccolo paese di provincia.

Un libro che, però, lascia la voglia di continuare la storia… Facendo attendere il secondo volume de “Il canto di Mana”!

Disponibile sia in cartaceo, al prezzo di 15,00 euro, che in ebook al prezzo di soli € 2,99!

L’Autrice:

Sabrina Lardini

Sabrina Lardini nasce a Voghera nel 1991. Laureata in Lingue e Culture moderne all’Università di Pavia, attualmente lavora per il secondo libro della saga Il canto di Mana, di cui Sleeping sun è il primo capitolo. Fra i suoi interessi rientrano la lettura dei grandi classici, dei romanzi di avventura, horror e fantasy.
Sleeping Sun è il suo primo romanzo.

http://www.ektglobe.com/prodotto/sleeping-sun/

Nasce Italian Sword&Sorcery Books
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Di seguito il comunicato stampa ufficiale:

Siamo felici di comunicarvi la nascita di Italian Sword&Sorcery Books, editore indipendente il cui obiettivo è diffondere la fantasia eroica in Italia.

Noi crediamo fortemente che lo sword and sorcery non sia morto e che meriti maggiore attenzione da parte dei lettori, atteso che una fetta preponderante di essi non conosce nemmeno le principali opere, i più importanti autori e gli elementi distintivi del predetto genere di speculative fiction.

La rivalutazione della spada e stregoneria non può avvenire solo attraverso alcune sporadiche pubblicazioni, poiché qualche libro non ha la forza di modificare i gusti del grande pubblico e nemmeno di andare a toccare la sensibilità dei palati più raffinati.

Riteniamo necessaria una forte presa di posizione e pertanto abbiamo costituito l’Associazione Culturale Italian Sword&Sorcery a cui hanno già aderito molteplici scrittori, critici, giornalisti, intellettuali, illustratori e comunque appassionati.

Pensiamo che sia di capitale importanza muoversi su due differenti fronti: quello della narrativa e quello della saggistica.

Per quanto concerne il primo, abbiamo scelto di adottare il formato del racconto breve (ormai scomparso dalle pubblicazioni odierne), atteso che vogliamo riportare in auge lo stile di azione, avventura, orrore e fantasia tipico delle riviste pulp degli anni ’30 del secolo scorso e ispirarci ai grandi autori che le hanno rese popolari in tutte il mondo come Robert E. Howard, Clark Ashton Smith, H.P. Lovecraft, C.L. Moore, Henry Kuttner, Fritz Leiber e John Jakes.

In ordine al secondo, occorre fornire al lettore saggi e articoli, ma anche occasioni per confrontarsi in eventi e conferenze che abbiano ad oggetto lo studio del genere, al fine di comprenderne l’entità e l’origine.

Per informazioni: francescolamanno@hotmail.it

Sito: https://hyperborea.live/

Pagina Facebook: https://www.facebook.com/italianswordandsorcery/

Max Gobbo – Alasia – La Vergine di ferro – Recensione
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Dalla quarta di copertina: Alla vigilia del Concilio di Trento con cui la chiesa romana intendeva portare a compimento la controriforma allo scopo di arginare l’eresia dilagante, l’Italia conobbe un flagello così terribile da oscurare perfino l’orrore della Peste Nera. Partorita dal ventre dell’inferno un’orda di demoni s’abbatté sulla penisola. Schiere di mostri immondi chiamati “mai morti” presero a popolare le notti atterrendo la gente e nutrendosi del sangue degli innocenti. A nulla valsero gli editti e le contromisure presi da principi ed ecclesiastici, nessuno pareva in grado di contrastare l’avanzata irresistibile del male. Ma quando giunse l’ora più fosca, in cui l’umanità sembrava condannata alla dannazione eterna, qualcuno si levò in sua difesa. Avvenne così che antichi ordini cavallereschi, monaci combattenti e giustizieri solitari iniziarono una lotta mortale contro le forze dell’oscurità. Tra questi ultimi avventurieri si narra che vi fosse anche una donna, una spadaccina delle più valenti, una vergine dal sangue purissimo cui Dio stesso avrebbe affidato il compito di debellare l’oscura minaccia, il suo nome era Alasia.

Volume edito da Watson, nella collana TrueFantasy a cura di Iascy e Zarbo, che si propone di rilanciare potentemente il genere in italia, questa raccolta di racconti di Max Gobbo conferma la grande abilità di questo Autore, di cui avevo già recensito le Storie del Necronomicon.

Il volume raccoglie tutti i racconti finora scritti sul personaggio di Alasia, tra loro indipendenti, ma legati da un sottile fil rouge che rende il volume quasi un romanzo.

Alasia è un personaggio femminile, in un’Italia distopica di stampo rinascimentale: due elementi – una donna protagonista e l’Italia come scena – che sono rari incontrare già separati e che aumentano il pregio dell’opera, ancor più perché concomitanti. Eroina che ricorda quasi una versione femminile del Solomon Kane di Howard, il personaggio è una Vergine di Ferro, anche nota come Mano Sinistra di Dio, cioè una spadaccina formidabile, dai tratti quasi sovrumani, che ha fatto voto di purezza e castità per servire il Papa e Dio al fine di mantenere quella purezza e quel potere che solo gli permette di affrontare il male, in un viaggio attraverso un’Italia dalle atmosfere cupe e fantastiche, tra villaggi tenebrosi e castelli popolati da mostri.

Alasia è la sola, Vergine, come la Madonna, a poter impugnare una spada benedetta (Iustitia, che lei ribattezza Vindicta), nella cui elsa è incastonato uno dei chiodi della Croce di Cristo, rendendo l’arma letale per qualsiasi mostro ultraterreno, così come micidiali sono i dardi delle sue pistole, fusi con il bronzo delle Porte di San Pietro, capaci di uccidere i mostri invulnerabili. Dotata di queste armi quasi magiche, la donna combatte demoni e vampiri mostruosi, i mai-morti, ribellandosi al tentativo del Nero Signore, emissario del Demonio, di predisporre il terreno per l’avvento del Male, arrivando persino a scontrarsi con sette di eretici e inquisitori perversi, fino a un crescendo in cui è la più grande reliquia italica a essere posta in pericolo: la Santa Sindone.

A tratti affiancata da altri personaggi ben delineati e pittoreschi, Alasia dovrà persino rinunciare all’amore per perseguire un fine più grande: quello del Servizio di Dio, che coincide però con il suo desiderio di vendicarsi della morte dei propri genitori, uccisi proprio dal Nero Signore.

Lo stile di Gobbo sembra emergere da un’altra epoca, come se il libro fosse la riscoperta di un classico perduto che, per tema e atmosfere, ricorda proprio il grande Howard o – per restare in Italia – il nostro spesso dimenticato Emilio Salgari, da Gobbo già omaggiato anche nel romanzo “L’occhio di Krishna” (ed. Bietti): intense le scene di guerra, tetre le descrizioni dei luoghi della paura, maestose e quasi liriche le splendide pennellate di paesaggi e sfondi.

Un libro che mi permetto di consigliare, soprattutto agli amanti del genere, a metà tra heroic fantasy e weird/horror.

Attendiamo altre storie di questo personaggio, che probabilmente non ha ancora terminato le proprie avventure…

Star Wars – Episodio VII – Recensioni
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Recupero la mia vecchia recensione di Star Wars – Episodio VII che è andata persa dopo la ristrutturazione del sito.

Star wars. Voto 7 come il numero di episodio. Niente spoiler per non rovinare il film a nessuno. Avremo tempo per i chi ha fatto cosa. Il 7o capitolo è più un remake (reboot?) del 4o (per me primo) episodio che qualcosa di nuovo. Piacevole, ma siamo lontani dai livelli epici cui Lucas ci ha abituato (episodio 3!). Troppi cliché e cose già viste (tranne una davvero bella quasi subito). Credo (spero) che questo film fosse solo un assaggio, un ponte che apra la strada a nuovi personaggi e storie per il futuro. Se no, vuol dire che la Disney ci prende tutti per il culo; oppure che ha finito le idee (e allora saremmo davvero rovinati). Buona visione a tutti e che la forza sia con voi!